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  • Perché e come costruire una video strategy che funzioni e migliori le vendite

    2 Luglio 2018

    È uno dei trend più importanti degli ultimi anni e lo resterà anche nei prossimi, dato che secondo le stime già il prossimo anno l’80% del traffico online sarà video.

    Ma anche perché i tassi di conversione nelle pagine web con video aumentano dell’80%.

    I video, insomma, piacciono e gli utenti li guardano volentieri, entrando più facilmente in contatto con i brand: tra il 64 e l’85% dei consumatori sono più propensi a comprare un prodotto dopo aver visto un video.

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    E anche tutte le maggiori piattaforme social come Facebook, Instagram, Pinterest e Twitter stanno facendo enormi passi avanti per dominare nello spazio del video, soprattutto dopo l’ingresso nel mercato di TikTok, che ha catturato la Gen Z.

    Per saperne di più su questa tendenza e per capire in che modo un’azienda o un freelance possono iniziare a progettare la propria video strategy, abbiamo fatto quattro chiacchiere con Edoardo Scognamiglio, founder di Combocut e docente Ninja Business School.

    Perché utilizzare i video e pianificare una strategia

    Cosa comunica in più un video rispetto ad altri contenuti digitali e perché oggi è indispensabile pensare ad una video strategy?

    «Un video ha la possibilità di racchiudere al suo interno più informazioni in pochissimo tempo e in più ha la capacità di emozionarti.

    E per emozione non si intende per forza il fatto di farti scendere la lacrima mentre guardi, ma l’emozione può essere anche una risata.

    Il video insomma è un contenuto completo che in poco tempo può darti tanto, ma è anche un contenuto che piace agli utenti.

    Senza guardarlo dal punto di vista del professionista che produce video, ma da quello dell’utente, infatti, si tratta di un contenuto facilmente fruibile da mobile, in modo veloce e tutti oggi usiamo lo smartphone per fare ricerche online.

    Anche se in certi casi la lettura rimane, quando vuoi approfondire per esempio, quando al contrario cerchi qualcosa di veloce e completo che ti dia informazione o intrattenimento, oggi il video è uno strumento forte.

    Complice il fatto che siamo diventati tutti più pigri, per vedere un video ti basta premere play e puoi imparare qualcosa, divertirti, commuoverti, informarti, emozionarti, tutto racchiuso all’interno di un unico contenuto.

    Con video strategy, poi, intendiamo la possibilità di integrare il video o i video all’interno di una strategia di marketing. In tanti si approcciano al video pensando ad un unico contenuto, magari tralasciando la possibilità di testarlo sul lungo termine, eppure ormai sappiamo che le strategie andrebbero pensate per un certo periodo.

    Quando lavori su Facebook, ad esempio, non lavori a giornata. Magari sfrutti delle occasioni della giornata, ma ragioni sul lungo periodo.

    E la stessa cosa andrebbe fatta con i video: bisognerebbe abituarsi a pensare non solo ad oggi, ma ai prossimi 3, 6 mesi, 1 ann.

    Detto questo, le domande da farsi dovrebbero essere: che video faccio? Quanti video faccio? Che tipologia di video? Che obiettivi hanno i diversi video da realizzare?

    Tutto questo va a costruire la video strategy, quindi un progetto che integri sul lungo termine i video all’interno della strategia di marketing complessiva».

    Meglio creare un video virale one shot o costruire una strategia che prosegua nel tempo per ottenere un vero risultato con il video marketing?

    «Sicuramente il video “virale” è un video che può dare dei risultati. Questo tipo di video serve, ma l’importante è non uscire allo scoperto con un video oggi per poi spegnersi durante tutto l’anno. Il concetto è che puoi comunque fare il tuo video “speciale”, quello che ti permette di avere molta popolarità dal punto di vista della comunicazione e del marketing, ma trovando insieme delle modalità per rimanere acceso e mantenere un ritmo di pubblicazione che permette di rimanere in contatto con le persone che hai raggiunto con questo video virale.

    Quindi, sì fare video virali, ma mantenendo la presenza online anche dopo con i video seriali».

    Un esempio pratico

    Nella serie “Masterchef e le sigarette elettroniche”, che hai realizzato con Combocut, avete riportato uno schema tipico della TV nel digital. Come avete fatto per adattare il formato dei tempi lunghi televisivi, alla rapidità richiesta dal web?

    «Non ci siamo dati inizialmente un limite, ma le riflessioni che abbiamo fatto all’inizio erano proprio queste: come fare a condensare quel meccanismo che dura anche tre quarti d’ora, in qualcosa di fruibile rapidamente?

    Non ci siamo dati un limite di 30 secondi, 1 minuto, 3 minuti, ma abbiamo provato a fare una versione più sintetica mantenendo le dinamiche forti del programma, come il confronto, l’eliminazione, le prove, il giudizio dei giudici.

    Il risultato sono state delle puntate da 5-10 minuti, che sembrano un po’ un’eccezione, qualcosa di particolare rispetto alla norma, ma che hanno avuto una buona risposta anche in termini di analytics e di dati, perché gli utenti hanno guardato le puntate.

    Dall’altro lato abbiamo rispettato i tempi brevi con vari contenuti satellite che dovevano promuovere queste puntate, dai vari video di presentazione dei giudici, ai video teaser che anticipavano la puntata. In sostanza ci siamo messi a tavolino e abbiamo tradotto Masterchef, mantenendone però l’anima, le regole, in un formato più breve possibile».

    Video marketing e tipologie di contenuto

    Parlando di video strategy si indicano spesso tre tipi di contenuto: hero, hub e help. Ci spieghi cosa si intende e a quali obiettivi rispondono?

    «Questa è una classificazione che ha inventato Google, perché aveva la necessità di chiarire un po’ lo scenario per i clienti che potevano investire sulle sue piattaforme.

    I video Hero li possiamo far rientrare nei cosiddetti video virali, ma intesi in questo modo: sono video bravi da una parte e spettacolari e con un carico creativo importante dall’altra, che vanno pubblicati da una, due, massimo tre volte all’anno.

    Quindi anche dal punto di vista della percezione da parte dell’audience sono dei video speciali, che escono in periodi importanti e danno un messaggio definito e forte.

    I video Hero lavorano per toccare temi e trend ampi, quindi si ha la possibilità di raggiungere un pubblico più allargato.

    Ovviamente YouTube suggerisce di non fermarsi a questi video, ma di restare acceso per tutto l’anno attraverso i video Hub, che sono video seriali, da pubblicare almeno una volta alla settimana. Per produrli – c’è anche chi ne pubblica uno al giorno, cinque al giorno e così via – bisogna fare lo sforzo di trovare un format, una struttura definita fin dall’inizio con varie puntate da pubblicare settimana dopo settimana.

    Per fare questi video Hub, a differenza dei video Hero, è necessario avere la capacità di trovare la formula che permetta di avere questa costanza di produzione e pubblicazione.

    Se con il video Hero fai lo sprint, con gli Hub fai la maratona, per questo bisogna trovare qualcosa che permetta di coniugare la qualità con il giusto apporto di budget ed energia per andare avanti nel tempo.

    Il consiglio è di realizzare un format, decidendo all’inizio chi partecipa, cosa accade e cambiando ogni settimana l’argomento specifico.

    I video Help sono quelli un po’ più sottovalutati, perché spesso richiedono un apporto creativo più limitato.

    Sono però dei video che servono e che funzionano perché spiegano cosa fa un’azienda, chi lavora nell’azienda, chi sono i clienti.

    Oppure attraverso dei tutorial forniscono informazioni sul proprio campo di azione e sulle proprie competenze.

    Sono video che si possono trovare all’interno del sito, o sui canali di YouTube. Sono meno particolari degli altri due, ma “fanno il lavoro sporco”, perché quando l’utente si ritrova a decidere se comprare, valutando il tuo prodotto rispetto a quello dei competitor, servono non a intrattenere, divertire, informare, ma a spiegare il lavoro dell’azienda.

    Lo scenario delle tipologie di video in realtà è molto più frammentato, ma se si vuole iniziare a ragionare su una video strategy, partire dalle tre “h” è la cosa più efficace».

    La fatidica domanda: se devo fare video advertising cosa scelgo, Facebook o YouTube? E se invece voglio puntare sui branded content?

    «Secondo me su entrambe. E aggiungerei anche Instagram, LinkedIn, TikTok e potremmo andare avanti all’infinito.

    Per quanto riguarda Facebook e YouTube nello specifico si tratta di due piattaforme complementari, con regole diverse. Facebook è il luogo dell’interazione e della condivisione, cioè è una piattaforma dove, parlando di video Hero, si possono realmente ricevere molte attenzioni in pochissimo tempo.

    Ha però delle regole: per come è fatto il social, i contenuti sono uno sotto l’altro e se sei abituato a usarlo da mobile, scorri continuamente il feed passando da un video all’altro, da un contenuto all’altro in modo molto breve, con un utilizzo abbastanza schizofrenico.

    Tradotto in video significa che su Facebook molto probabilmente si deve lavorare con la sintesi (con le dovute eccezioni), perché il tempo che un utente mette a nostra disposizione è molto breve.

    YouTube, dal mio punto di vista, è una piattaforma che attira persone che sono abituate ai video e che stanno cercando video.

    E il fatto di cercare è l’elemento che la contraddistingue. YouTube è la piattaforma dove sono gli utenti che arrivano al tuo video, cercano un’informazione, mentre su Facebook sei tu che compari davanti alle persone.

    Tradotto in dati, quando pubblichiamo lo stesso video su Facebook e su YouTube, vediamo che il tempo di visione, cioè quanto le persone decidono di fermarsi a guardare il filmato, su YouTube corrisponde ad una percentuale molto più alta, perché sono le persone che hanno deciso di cercare e di guardare quel video.

    Dunque entrambi i canali vanno bene, ma rispettandone le diverse regole.

    Poi c’è un ultimo dato da considerare, che è questo: tornando alla metafora dei cento metri e della maratona, Facebook è ovviamente lo sprint, perché consente di avere tanta attenzione in poco tempo, ma se non investi il tuo video scorre e se l’utente non si ferma a guardarlo sparisce; per YouTube – lo vediamo con i nostri clienti – una volta pubblicato un filmato, anche se si hanno meno views inizialmente, si continuano ad avere nel tempo.

    Ci sono filmati che trattano di argomenti che non scadono, per così dire, e che portano traffico, views, commenti, magari anche in sei mesi. YouTube insomma è un luogo in cui i contenuti scadono molto meno e va tenuto in considerazione anche da questo punto di vista».

    video strategy

    Che consiglio daresti ai guerrieri Ninja che vogliono cominciare a utilizzare i video nelle loro strategie di marketing?

    «Il mio consiglio è buttarsi a far video.

    Che tu sia un freelance, per cui ti stai avvicinando a Ninja per migliorare te stesso, che tu sia un consulente, che tu sia un’azienda, inizia a provare, inizia a far video.

    Sì alla video strategy, sì alla progettazione su lungo termine, ma senza commettere l’errore di rimanere con power point e schemi e non sbattere la testa contro la realtà.

    Ovviamente fare video, sia che tu ci metta la faccia, sia che la tua azienda firmi un video, crea sempre inizialmente entusiasmo da una parte ma un po’ di attrito dall’altra.

    Anche per noi che lo facciamo è un contenuto complesso, che richiede di tenere in considerazione tante cose. Il consiglio è di non aver paura e di cercare di sbloccarsi il prima possibile e cominciare a produrre video.

    Naturalmente bisogna valutare sempre di acquisire quella competenza tecnica di base per creare un contenuto chiaro e comprensibile e poi buttare fuori, pubblicare e iniziare a valutare il mercato, cosa ne pensa la propria audience.

    La rassicurazione che posso dare è questa: se in passato facevi un video ed era un all-in, o la va o la spacca, lavorando sulla serialità e sul lungo termine si ha la possibilità di uscire ogni settimana, valutare i dati e nella settimana successiva migliorarsi, un po’ come si fa con i siti web».

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