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  • Growth Hacking, la scienza dell’ottimizzazione per far decollare la tua azienda

    4 Maggio 2017

    Il Growth Hacking è una tecnica che può coinvolgere tutta la vita del business, dal lancio del prodotto al marketing per promuoverlo. Si tratta, insomma, di una disciplina che investe tutto ciò che c’è da fare per preparare il terreno alla crescita dell’azienda. Acquisire competenze sull’argomento è importante per fare la differenza sul mondo del lavoro, per questo abbiamo rivolto alcune domande a Luca Barboni, Growth Hacker, Co-founder di Growth Hound e docente del Corso in Growth Hacking e Performance Marketing (formula online + aula pratica a Milano) di Ninja Academy.  

    Come spieghi la differenza tra Growth Hacking e Marketing ad un Marketing Manager che non ha mai sentito parlare di questa attività?

    Hai mai sentito il modo di dire “la metà dei soldi che spendo in pubblicità sono sprecati, solo che non so quale metà sia”? È esattamente per risolvere problemi del genere che nasce il Growth Hacking: un nuovo modo di vedere le sfide del marketing, ma anche un processo di lavoro. Mentre il marketing si concentra specialmente sull’utilizzo di canali e strategie già validate (come ad esempio Facebook e Google), il Growth Hacking fa proprio l’opposto. Nel Growth Hacking l’assunto di partenza è che, quando lanci un nuovo prodotto, non puoi sapere a priori cosa funzionerà. Scopiazzare i competitor e replicare case study non basta. Per questo più che media plan di 6 mesi o la gestione della parte operativa, ti serve un metodo scientifico per testare sistematicamente cosa funziona e cosa no, e poi regolare il budget di conseguenza. Questo si traduce in due tipi di test:
    1.  test per validare nuovi potenziali canali di acquisizione clienti
    2.  test per ottimizzare canali esistenti dove stiamo già acquisendo clienti
    Ma attenzione! Questo lavoro deve coinvolgere contemporaneamente sia il marketing che il prodotto! Infatti, come dice Ryan Holiday, noto Growth Hacker, “la peggior decisione di marketing che puoi fare è tentare di vendere un prodotto che non vuole nessuno”. Ed è vero. Se con il tuo business miri a grandi risultati in poco tempo, devi essere aperto a innovare il tuo modello di business, il tuo prodotto, e il tuo marketing, puntando ad un unico obiettivo: la crescita aziendale.

    Le attività di Growth Hacking hanno determinato il successo delle aziende della Silicon Valley come Dropbox e Airbnb. Ma allora è una pratica solo per startup?

    Qualsiasi azienda che voglia sviluppare o lanciare un nuovo prodotto deve fare i conti con condizioni di incertezza. Sei sicuro di aver scelto i clienti giusti? La value proposition è comprensibile? Il prezzo va bene così? Le funzioni sono veramente utili alle persone? Sono tutte domande a cui va trovata risposta tramite dati reali. Un metodo scientifico come il Growth Hacking è proprio quello che ci vuole per razionalizzare la strategia: minimizzando i costi e massimizzando il ROI. Il motivo per cui il Growth Hacking viene associato al mondo delle startup innovative è che, nel loro caso specifico, questo stato di incertezza è esponenziale. Infatti, quando innovi, per definizione, stai facendo qualcosa di inedito o lo stai facendo in un modo che nessuno aveva mai tentato prima. Senza contare che, se sei una startup, parti anche da una condizione di scarsità di tempo e risorse. Scarsità di tempo perchè devi crescere velocemente, altrimenti non sei una startup. Scarsità di risorse perché se ti appoggi a finanziamenti devi ottimizzare al massimo gli investimenti, o ti ritroverai a cercare nuovi fondi prima di aver raggiunto risultati che li giustifichino. Un ristorante o un hotel non devono necessariamente diventare business globali in poco tempo così come le startup. Però possono beneficiare del Growth Hacking come sistema per fare marketing in maniera misurabile e trasparente, investendo in strategie che funzionano perchè sono i dati a dircelo, non l’istinto.

    Il nostro piano di Growth Hacking è partito, ma come ogni processo che si rispetti, l’azienda deve essere in grado di misurarne i risultati. Quali sono le metriche necessarie a far capire ad un’azienda come sta andando e se è la strada giusta?

    Prima ancora di partire con il piano è importantissimo progettare un funnel che copra l’intero ciclo di vita del cliente. Questo significa immedesimarsi nell’utente e mappare tutte le azioni che lo porteranno a diventare un cliente di successo. Ma non basta disegnare questo percorso, bisogna anche suddividerlo in step e associare ad ogni passaggio una metrica di riferimento (esattamente quello che succede quando si utilizzano le metriche da pirata o AARRR). Queste metriche saranno gli indicatori chiave da guardare per capire se la nostra strategia sta funzionando o va cambiata. Quali sono le metriche giuste da monitorare? Questo dipende dal modello di business e dalla fase di vita dell’azienda. Ma senza un sistema di metriche pronto a restituirci informazioni sulla performance delle nostre attività, ogni euro speso in marketing è letteralmente buttato nel cestino.

    Pubblicità su Facebook o su Google? Tre pregi e tre difetti delle più celebri forme di advertising sul web

    I vantaggi principali di fare pubblicità su Facebook e Google sono:
    1. Possibilità di colpire sia la domanda consapevole (Google Search Network) che la domanda latente (Facebook Advertising e display network). Nel caso di Google Search possiamo mostrare la nostra pubblicità a persone che stanno attivamente cercando una soluzione ai loro problemi. Nel caso di Facebook possiamo intercettare persone che non sono abbastanza “calde” da ricercare una soluzione, ma potenzialmente interessate tanto da cliccare se visualizzano un annuncio. Come facciamo a conoscere i loro interessi? Possiamo farlo grazie al punto 2 🙂
    2. Selezione del target molto avanzata. Gli strumenti di targhettizzazione di Google e Facebook ci permettono di definire con molta precisione chi includere e chi escludere dal nostro pubblico. Selezionare correttamente il target significa essere rilevanti, ottenere più click, e perciò, a parità di budget, avere un ritorno sull’investimento maggiore!
    3. Funzionalità di retargeting. Sia Google che Facebook ci forniscono strumenti per implementare strategie di retargeting. Questo significa scegliere di far vedere una pubblicità specifica a un gruppo di persone che sono state profilate, ad esempio, perchè hanno già visitato il nostro sito almeno una volta. Il retargeting (o remarketing) è un passaggio fondamentale per una strategie di successo.
    Per quel che riguarda i difetti, questi si possono riassumere nel fatto che sono canali molto mainstream per chi si occupa di pubblicità. Questo significa che a un larghissimo numeri di utenti presenti sulla piattaforma, corrisponde un grande numero di advertiser che ci investono per far girare annunci pubblicitari. Visto che entrambi i sistemi gestiscono gli annunci con un meccanismo ad “asta”, avere molte aziende che competono per mostrare pubblicità al tuo stesso target si traduce in costi per click più alti, e a volta non sostenibili. Qui il Growth Hacking può aiutare a sperimentare sistematicamente quali possono essere opportunità inesplorate che i competitor non stanno cogliendo e conquistarsi una fetta del traffico proveniente da Google e Facebook senza competere con aziende che hanno budget da centinaia di migliaia di euro.

    Target e keyword sono i due pilastri per creare una campagna efficace, ci dai una piccola guida per sceglierli al meglio?

    La regola fondamentale dietro la scelta di target e keyword è la stessa: metti l’utente al centro e cerca di capire i suoi problemi. Infatti prima di partire con il Marketing e l’Advertising bisogna lavorare sulle Buyer Persona. Il concetto di Buyer Persona non è nulla di nuovo nel Marketing, eppure ha un’importanza centrale. In breve si tratta di “disegnare” un avatar che rappresenti il cliente tipico appartenente alla nicchia a cui ci rivolgiamo. Nel caso di Facebook, gli interessi ricoprono un’importanza centrale. Dobbiamo cercare di entrare nel modo di ragionare delle persone, e individuare come si profilano e come si comportano su Facebook. Questo significa arrivare a capire:
    • libri/riviste che leggono
    • prodotti che utilizzano
    • eventi a cui partecipano
    • brand a cui sono appassionati
    • tuoi competitor diretti che potrebbero conoscere
    • Influencer che seguono
    E così via. Se siamo bravi, sapremo individuare le pagine a cui hanno messo “like”, la fascia demografica, la localizzazione e ritagliare una parte di pubblico altamente responsiva ai nostri annunci. Nel caso di Google Search, è valida la stessa prospettiva user-centric, ma sulle keyword. Se su Facebook dobbiamo ricercare i loro interessi, su Google stiamo cercando di interpretare il loro “intento”. Questo significa profilare le persone in base alle domande che pongono a Google, ovvero in base alle risposte che stanno cercando. Possiamo partire da Tool che ci danno suggerimenti sulle parole chiave come UberSuggest o Answer the Public, e selezionare le query appropriate per il nostro target. Dopo di che inserire questa lista di parole chiave nel Keyword Planner interno a Google Adwords, per avere una stima dei volumi di traffico e della competizione. In generale la nostra campagna, e dunque anche il targeting, non va vista come una fotografia statica. Cominciando a lanciare i primi test saranno i dati a dirci cosa stiamo sbagliando, e dove ottimizzare sia target che creatività, per aumentare il ROI.

    Cosa sono i canali di Traction e come si differenziano dalle metriche tradizionali? In base a quali criteri li applichiamo?

    I canali di Traction sono tutti i possibili canali da cui possiamo attingere per acquisire utenti (eh sì, Google e Facebook sono importanti ma non sono i soli!). Quand’è il momento giusto per utilizzarli? Sin da quando abbiamo per le mani un prototipo da far testare ai nostri utenti! Infatti anche quando il tuo obiettivo è solamente ricevere feedback sul prodotto con una banale landing page, è fondamentale avere un flusso continuo di clienti reali, altrimenti la qualità dei dati generati potrebbe essere alterata (come nel caso di parenti e amici che ci fanno il favore di prestarsi come “beta-tester”, ma poi non ci dicono la verità per paura di offenderci). Naturalmente i canali non sono equivalenti tra loro: ognuno ha sue dinamiche, suoi costi, limiti e opportunità. Tra i canali di Traction troviamo SEO, Social Media Marketing, ma anche gli eventi, l’Affiliate Marketing, programmi di referral e molti altri ancora. Prima di cominciare a investire in uno di questi, è sempre bene chiedersi “dov’è che si stanno radunando i miei clienti in questo momento?”, e quindi inquadrare un insieme di 3-5 canali dove, molto probabilmente, sarebbe facile raggiungere il giusto target. Ad esempio, se abbiamo come target gli avvocati italiani, difficilmente li troveremo su Snapchat. Se viceversa parliamo a dei teenager della generazione Z, difficilmente leggeranno guide online da pagine e pagine (seppur gratuite!). Successivamente si comincia con degli esperimenti low cost canale per canale, cercando la risposta a queste domande:
    1. Quanto mi costa acquisire un cliente da questo canale? (Costo di Acquisizione Cliente)
    2. Quanti clienti posso trovare al massimo su questo canale? (Ampiezza del mercato)
    3. I clienti che acquisisco da questo canale, sono i clienti giusti? (Segmentazione del target)
    Quello che succede molto spesso è che si riesce ad identificare uno o due canali che funzionano in maniera profittevole, e il resto così, così. Ma a questo punto sappiamo esattamente dove spostare il budget. E quando i costi per acquisire nuovi clienti aumentano, perché grazie a noi e ai nostri competitor il canale comincia a essere saturo, possiamo riprendere la ricerca del prossimo canale di Traction che fa al caso nostro.

    Luca Barboni è docente del Corso in Growth Hacking e Performance Marketing (formula online + aula pratica a Milano). Scopri il programma qui e approfitta dello sconto early booking!

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