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  • Capire le logiche dell’advertising online e sui social per utilizzarlo al meglio (e far crescere il business)

    24 Luglio 2018

    Una strategia Social Media efficace non può prescindere da un’attenta pianificazione di advertising online. Gli strumenti per le sponsorizzazioni sono sempre più attenti alle esigenze di aziende e brand e offrono una sempre maggiore possibilità di customizzazione. In questa intervista a Veronica Gentili, docente del Corso Social Media Power di Ninja Academy, specializzata in Facebook Marketing e consulente per aziende medie, grandi e multinazionali come Diego della Palma, La Stampa e Flying Tiger Copenhagen, parliamo di come orientarsi tra gli strumenti di web advertising e di come sta cambiando il panorama dell’adv online.

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    Credits: Depositphotos #84035692

    Parliamo di social advertising

    Perché l’adv sui social assume sempre una maggiore importanza in una marketing strategy?

    «Perché i social sono gli spazi nei quali le persone passano sempre più tempo; non solo, proprio perché qui si informano e raccontano, i social contribuiscono sempre più a influenzare le scelte degli utenti, le opinioni che hanno rispetto ai brand e aiutano a scoprire nuovi prodotti e servizi.

    Contando poi che i social stanno sempre più passando da earned media a paid media (Facebook docet, con una portata organica media per le pagine in calo costante), investire nei social non è più una scelta, è praticamente un obbligo per chi vuole renderli risorse di business».

    Quali sono, secondo te, le campagne più riuscite nell’ultimo anno?

    «Non so come siano andate in termini di vendite, ma a me personalmente è piaciuta molto una delle ultime campagne di Calzedonia, che ha fatto un ottimo uso di carousel e Instagram Stories sia su Facebook che su Instagram per promuovere la nuova linea costumi.

    Ho trovato molto interessante anche la campagna IKEA  #VittimeDeiFashionVictim che porta gli utenti a interagire con il brand tramite Messenger e a raccontare “le ingiustizie subite”; come sappiamo, Messenger e i BOT rappresentano il futuro della Customer Care e i brand devono adattare le loro proposte “creative” a questo trend».

    Quali sono stati gli elementi che hanno consentito il raggiungimento del loro successo?

    «Su Facebook l’imperativo è sempre e solo uno: coinvolgere.

    Più un’inserzione è mirata alla persona giusta, più è “thumb-stopping”, in grado di attrarre l’attenzione, emozionare, informare o incuriosire, maggiori sono le possibilità di raggiungere i propri obiettivi.

    Non dimentichiamoci che l’advertising di Facebook deve rispettare le logiche del social network per avere successo!»

    Target e dati: come trovare il giusto equilibrio

    Inizialmente l’advertising era pensato per il grande pubblico. Adesso, grazie ai social media, è possibile rivolgerci a fette di target sempre più piccole. Quali sono le opportunità e i rischi del micro targeting?

    «L’avvento del digital ha aperto le porte dell’advertising anche alle piccole imprese, che finalmente hanno la possibilità di fare pubblicità e raggiungere le persone “che contano per i loro business” anche con budget microscopici; dall’altra parte, le aziende piccole e grandi oggi possono arrivare a targetizzare in modo davvero capillare  le loro audience, riuscendo ad arrivare con grande precisione alle loro buyer personas.

    Se da una parte questa è una grande opportunità, dall’altra c’è il rischio concreto (e l’ho visto accadere più volte, ahimè) di cadere nell’iper-profilazione, creando segmenti ultra-raffinati che possono costare tantissimo in termini di CPM e rendere poco in termini di risultati.

    Il consiglio è di usare sempre il buonsenso, profilare sì, ma non troppo, anche perché rischiamo di non lasciare abbastanza spazio agli algoritmi per trovare le persone giuste all’interno dell’audience che abbiamo creato».

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    Sul tema ci fa riflettere il controverso caso Cambridge Analytica. Al di là del caso specifico, cosa ne pensi dell’utilizzo dei dati degli utenti per progettare campagne così strutturate nel dettaglio?

    «Credo che in pochissimi avrebbero di che lamentarsi se venissero rispettate due condizioni: prima di tutto l’avere la certezza che i dati che offrono alle varie piattaforme vengano aggregati e anonimizzati prima di essere dati in pasto agli inserzionisti, in modo da non essere direttamente “rintracciabili” in base ai propri comportamenti, interessi e caratteristiche demografiche (che è poi la promessa di Facebook).

    La seconda condizione sarebbe quella di ricevere (e quindi saper fare da parte degli inserzionisti) annunci realmente interessanti, pensati per rispondere ai nostri specifici interessi, desideri e bisogni in quel momento (che è un po’ quello che dovremmo imparare a fare con le Custom Audience).

    Mentre sul primo fronte Facebook si sta impegnando moltissimo rendendo ancora più stringenti i criteri di targeting, sul secondo dobbiamo affidarci al buonsenso, competenza ed esperienza degli inserzionisti per non far sentire gli utenti “bombardati” da pubblicità fastidiose e non volute. E su questo dobbiamo ancora lavorarci un po’».

    Secondo te, dunque, l’adv è diventato qualcosa di estremamente data oriented?

    «L’advertising propriamente inteso da sempre dovrebbe essere guidato dai dati, di mercato, di consumo, da numeri e test che riescano a giustificare l’utilizzo di una certa creatività o la scelta di un determinato target; vero è che l’ascesa del digital advertising e la disponibilità di una notevole quantità e qualità di dati in più rispetto a quelli utilizzati nei e per i media tradizionali ha reso tutto molto più data oriented; tutto o quasi è monitorato o è monitorabile, va da sé che i dati sono sempre più richiesti e significativi per una campagna di advertising che si rispetti.

    Come dire, il mood basato sulle sensazioni e sui “secondo me” di capi, dirigenti e sedicenti esperti con l’avvento del digital dovrebbe non trovare più spazio da nessuna parte, piccola o grande azienda».

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    L’importanza della creatività e degli obiettivi

    In questo scenario dove gli Analyst hanno un ruolo centrale, quale peso e ruolo hanno, invece, i creativi?

    «Hanno un peso quantomeno GIGANTE! In un’epoca di economia dell’attenzione, in cui catturare l’interesse delle persone è sempre più difficile, bombardate come sono da messaggi, promo e call to action ovunque, i creativi sono fondamentali per rendere coinvolgenti post e ads. Parlare solo alla testa non basta, comunicarsi in modo freddo e istituzionale sui social (ma in generale direi) non paga, occorre rendere originali e uniche le campagne dei brand perché funzionino».

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    3 consigli alle PMI che si stanno approcciando al Facebook Advertising

    «Prima di tutto di affidarsi a qualcuno che formi il personale interno o esternalizzare a un professionista o agenzia; sembra semplicissimo fare Facebook Ads, in realtà il sistema inserzionistico è sempre più complesso e per rendere le campagne dei veri alleati di business non basta mettere su un post e premere “Metti in Evidenza”, servono competenze ed esperienze.

    Secondariamente, di pensare fin da subito ai loro obiettivi: non fermatevi ai semplici mi piace, condivisioni e fan sulla pagina, nella maggior parte dei casi sono metriche di vanità che gonfiano l’ego delle aziende, ma non di certo il portafoglio. Facebook permette di raggiungere concreti goal, come acquisire contatti e stimolare le vendite, ma occorre aver ben chiaro come vogliamo utilizzare questo strumento e darci dei solidi indicatori di performance per valutarne l’impatto.

    Last but not least, testate tanto, sempre; non date mai per scontato che le vostre “impressioni”, credenze o passate esperienze (anche e soprattutto di altri!) siano giuste, fate sempre test sui vostri pubblici, creatività, posizionamenti perché a volte basta cambiare l’immagine dell’anteprima di un link per vedere diminuire anche del 40% il costo per risultato. La cosa più bella dell’advertising digital è che possiamo fare le nostre prove prima di decidere dove allocare il nostro budget, perché non approfittarne?»

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