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  • Consigli di progettazione e strategia per chi vuole costruire un eCommerce

    19 Ottobre 2018

    In questa intervista a Daniele Vietri, Web Project Manager & eCommerce Specialist e docente del Corso eCommerce Start di Ninja Academy, scopriamo quali metriche è necessario monitorare nella vendita online, quali sono le criticità e le opportunità del settore, senza dimenticare l’importanza dell’advertising.

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    Dall’analisi alla strategia, tutto quello che bisognerebbe fare prima di progettare un eCommerce

    Nella progettazione di un eCommerce si rischia di vivere un po’ la sindrome da pagina bianca. Quali consigli daresti a chi sta iniziando a creare il proprio store online da zero? «La sindrome da foglio bianco è indicatore della volontà di progettare e questo è solo positivo, perché per quanto possa sembrare assurdo è ancora poco comune. Come diceva Einstein “Se avessi solamente un’ora per salvare il mondo, passerei 55 minuti a definire bene il problema e 5 a trovare la soluzione”, ecco perché quando in Merlin Wizard iniziamo a lavorare allo Store Management di un eCommerce dedichiamo oltre un mese a questa fase importantissima: la strategia. In fondo la tecnica e gli strumenti si possono imparare rapidamente, l’approccio e l’esperienza invece no e sono quanto offre maggiori probabilità di successo. Il percorso che uso e che ritengo tra i più sensati è costituito dal trittico: analisi, strategia, progettazione. Prima di tutto andiamo a raccogliere le informazioni e i numeri disponibili, sia online che offline, in particolare se esiste un’attività pregressa (altrimenti white paper, statistiche ecc.), poi integriamo con ricerche online e valutazione di mercato (motori, marketplace, comparatori ecc.). Questo ci dà il punto di partenza, lo stato dell’arte sia “interno” (azienda/prodotto) che “esterno” (mercato/competitor). Successivamente si definiscono gli obiettivi e si costruisce la strategia in base ai punti di forza e di debolezza del progetto, scegliendo (a volte cambiando!) il modello di business teoricamente adeguato. A volte si parte con tutti i prodotti e qualche volta con uno solo, in alcuni casi si punta a creare il bisogno mentre in altri a intercettare le ricerche spontanee, per qualcuno è importante generare subito nuovi clienti in attivo e per altri si può puntare sulla lead generation, per un progetto è meglio un eCommerce pubblico per un altro una vendita privata e per un altro ancora un abbonamento. Questo definisce la linea guida a cui far riferimento per ogni (sì, ogni) scelta. E infine la progettazione, che è il punto da cui partono tutti e invece dovrebbe essere quello di arrivo, perché tutta la piattaforma dovrebbe seguire le logiche strategiche definite in precedenza, così da portare il tutto più vicino all’obiettivo. Ecco perché la piattaforma non dovrebbe essere realizzata solo da tecnici, ma da un team composto anche da strategist e marketer, trattandosi di fatto di un mezzo di vendita, non di uno strumento dell’IT. Ma non preoccupatevi, sono tutte cose che vedremo insieme durante il  Corso eCommerce Start di Ninja Academy! :-)».
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    Analizzando le metriche di un eCommerce, oltre alle vendite, quali bisogna considerare con attenzione? «I KPI degli ordini e del fatturato sono importanti, ma non necessariamente indicatori dello stato di salute di un eCommerce: conosco negozi online che raccolgono 2 milioni di vendite ai quali rimangono attaccati solo 40.000 euro, evidentemente non sostenibili. Per valutare un progetto nel tempo occorre considerare anche il CPO acronimo di Cost Per Order, ovvero quanto è necessario investire per acquisire un nuovo ordine: se il costo è superiore alla marginalità si sta lavorando in perdita (temporaneamente), ma spesso anche se è vicino alla marginalità si è in perdita (temporaneamente) poiché dalla marginalità vanno sottratti anche tutti gli altri costi, non solo quello del marketing. Quindi paradossalmente un’attività che acquisisce ordini in perdita e non tiene sotto controllo questo valore, se aumenta il numero di ordini aumenta la perdita 🙂 Per questo c’è un altro KPI importante, che potrebbe portare in positivo situazioni come quella descritta, ed è il LTV acronimo di Life Time Value, ovvero quanto renderà un cliente nel tempo. Infatti, dopo il primo ordine, occorre lavorare sul parco clienti per fare in modo che questi acquistino nuovamente: definito un certo periodo (es. 2 anni) è possibile calcolare quanto mediamente rende una nuova acquisizione, cioè se siamo in grado di generare riordini. Per lavorare in questo modo è necessario avere le risorse economiche capaci di sostenere tutta la struttura avendo (un teorico) ritorno dell’investimento molto più in là invece che immediato. Quindi il tasso di riordino. Con un certo volume di movimentato si migliora in conseguenza la capacità di acquisto dal fornitore e il potere contrattuale per trattare punti percentuali su pagamenti e logistica, per la riduzione dei costi, che portano nuova marginalità. In concreto, esistono business online che guadagnano sulla spedizione, invece che sui prodotti».

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    Qualche osservazione sull’eCommerce in Italia

    Uno dei settori nei quali spesso si accosta eCommerce e Made in Italy è quello del food. Quali sono le criticità che ci si potrebbero aspettare in questo ambito e come si possono prevenire? «In Merlin Wizard lavoriamo spesso su progetti in ambito food, a conferma di quanto dici. In questi mesi stiamo collaborando anche con una startup molto particolare, aiutandola a gestire proprio le criticità tipiche di questa categoria merceologica. Quello che vediamo spesso carente, in particolare nelle piccole realtà che sono a volte produttori o trasformatori, è l’approccio strategico-commerciale: si approccia l’eCommerce più come un’avventura che come un’attività commerciale. Invece questo è un settore molto difficile e complesso, il costo di acquisizione del primo ordine (quindi del nuovo cliente) è alto e supera mediamente i 50 euro (cfr. Casaleggio che nel 2011 indicava 40 euro). Inoltre occorre valutare l’effettiva presenza di un’audience interessata e la sua dimensione: basterà a rendere sostenibile l’impresa? Siamo in grado di farci scegliere al posto di qualcun altro? Cosa cercano e cosa posso offrire? Per esempio abbiamo scoperto che sui prodotti tipici l’interesse per quelli che hanno origine nel Sud Italia copre quasi la metà delle ricerche. Se voglio vendere prodotti valdostani ed esistono già 100 aziende che lo fanno, potrò mai essere sostenibile? Quanto budget e tempo serve? E poi ci sono i modelli di business e le problematiche logistiche da gestire: fresco e freschissimo, tempi di consegna, imballi, permessi ecc.». L’ultima proposta di limitazione delle aperture domenicali dei negozi fisici secondo te potrebbe essere un ulteriore incentivo per gli eCommerce? «Se parlassimo solo per gli interessi del digital direi di sì, ma a quanto pare questa limitazione si estenderebbe anche agli eCommerce. Chiunque gestisca uno shop retail sa che durante il weekend ci sono meno visite sul sito (eccezion fatta per casi particolari), da cui derivano di norma anche meno ordini. Quello che non sappiamo è se questi ordini verranno poi distribuiti nell’arco della settimana oppure andranno persi. Ecco, se dovessi esprimere un’ipotesi propenderei per l’ultimo caso, quantomeno una larga parte. La fidelizzazione, infatti, è sempre più rara online e anche il “momento” diventa cruciale: il bisogno e la volontà di adesso (come anche, semplicemente, la keyword di ricerca) potrebbero non essere gli stessi fra 48 ore. Peraltro alcune dinamiche sarebbero curiose da gestire rispetto al negozio fisico, per esempio: – verrà meno uno dei vantaggi dell’eCommerce, ovvero il compra quando vuoi 24/7? – gli ordini potranno essere raccolti, ma dovranno essere transati e gestiti dopo la mezzanotte di domenica? – come gestiremo gli stock condivisi o anche i prodotti particolari quali il freschissimo, ordinati sabato e magari scaduti lunedì? Credo ci sia bisogno di maggior dettaglio sulle modalità, fermo restando che un approccio simile potrebbe essere un freno importante allo sviluppo di tutto il settore».
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    L’advertising per l’eCommerce

    Nella pubblicità, quali sono i canali più efficaci per i diversi settori? «Per questo non c’è una risposta univoca (per fortuna), l’esperienza di agenzia insegna! Infatti, non è raro che i canali pubblicitari funzionanti per il cliente X diano risultati insoddisfacenti per il cliente Y, pur nella stessa categoria merceologica. Basti pensare che alcuni canali hanno un numero fisso di spazi pubblicitari e per accaparrarseli occorre partecipare a una sorta di asta, pertanto più competitor nello stesso momento fanno aumentare il costo pubblicitario e si dividono il pubblico (che invece rimane giustamente lo stesso). Il canale, infatti, è solo una delle variabili per il funzionamento di una pubblicità, concorrono anche brand, prodotto, offerta, stagionalità, competitor, profondità di gamma, giacenza, target, momento della giornata, dispositivo, storico pubblicitario ecc.».

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      LEGGI ANCHE: Cosa c’è da sapere prima di cominciare a progettare l’apertura di un eCommerce – Intervista a Giovanni Cappellotto

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