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  • I segreti del Growth Hacking, raccontati da Luca Barboni

    9 Marzo 2018

    Pensiero analitico, creatività, sperimentazione e continua iterazione di strategie e modelli di business per generare prodotti e servizi che abbiano la viralità nel loro DNA. Questa è la base del growth hacking, una delle discipline più “calde” del marketing degli ultimi anni.

    Ma chi è davvero il Growth Hacker e in che modo può garantire efficacia ed efficienza delle campagne di advertising online, acquisire nuovi clienti, presidiare le metriche vitali per l’andamento del business? Luca Barboni, Growth Hacker di successo e docente del Corso in Growth Hacking & Performance Marketing, ci racconta in questa intervista alcuni dei suoi segreti, per svelare qualcosa in più su questo affascinante mondo, fatto di numeri e di innovazione, e per smentire qualche pregiudizio che, come sempre per le novità disruptive, ci siamo probabilmente creati. Growth Hacking

    Qual è la differenza, se c’è, tra fare growth hacking per un’azienda e per una startup?

    Questa è un’ottima domanda perché dà l’opportunità di chiarire un punto fondamentale. Il growth hacking non è questo o quel trucchetto per automatizzare i social media oppure ottenere più aperture sulle mail. Il growth hacking è un processo. Un processo di rapida sperimentazione sia sul canale che sul prodotto, al fine di scoprire qual è il modo più efficace per far crescere le metriche di un business. Questo significa che la sua forza sta proprio nella ripetibilità.

    Per rispondere: il growth hacking può essere sicuramente applicato indifferentemente ad una startup o ad un’azienda, ma di certo cambieranno gli obiettivi e i KPI.

    Tipicamente un’azienda che non persegue un modello di business da startup deve preoccuparsi di sostenersi grazie al fatturato sin dal giorno 1. Questo significa che metriche di revenue saranno sicuramente una priorità. Viceversa la startup che prende investimenti può permettersi una prima fase di “tuning” col mercato senza avere entrate, ovvero la famosa ricerca del Product/Market Fit. Tipicamente in questa fase si lavora tanto sull’attivazione e la fidelizzazione, non necessariamente sul fatturato.

    Come vedi una variabile fondamentale da considerare quando si imposta un progetto secondo la metodologia del growth hacking è: “in che fase di vita si trova l’azienda?”

    Growth Hacking

    Il growth hacking si pone un po’ come “la scienza del marketing”, quindi non c’è spazio per la creatività?

    Affatto! Le idee, e perciò la creatività, sono il carburante del processo di growth hacking. Tutto parte sempre da un’intuizione. Una sessione di brainstorming. Un case study. Un post su Facebook (o un articolo di Ninja Marketing :P).

    Quello che conta però è ciò che succede dopo. Infatti successivamente alla fase di generazione idee, segue una fase di prioritizzazione delle stesse secondo un sistema di punteggi.

    Perché? Perché non è detto che “la mia migliore idea” sia “l’idea migliore in assoluto”. Per evitare perciò di focalizzarsi su spunti che potrebbero portare risultati sub-ottimali, si cerca di raccogliere più idee possibili e più diverse possibile, facendo intervenire diversi dipartimenti o fonti esterne al team. Una volta classificate le idee con questi punteggi, è facile stilare una vera e propria classifica: ora le idee saranno ordinate dal massimo al minimo impatto, e perciò sappiamo esattamente cosa testare prima e cosa testare dopo.

    Anche qui: il test non viene lasciato al caso, ma viene documentato volta per volta mettendo nero su bianco i dati abbiamo in partenza (es. Conversion Rate 7%) e i dati che ci aspettiamo come risultato del test per poterlo dichiarare un successo (es. Conversion Rate 10%). Questo permette a tutta l’azienda di essere sempre al corrente di cosa sta succedendo, di cosa c’è bisogno per portare avanti le attività di testing, e soprattutto quali test si meritano più budget e dove invece è meglio chiudere i rubinetti.

     Growth Hacking
    Credits: Depositphotos #78929640

    Si può fare growth hacking anche con un piccolo budget?

    Io vedo il growth hacking come un tipo di approccio che può moltiplicare il budget grazie ad un’interminabile ricerca di un ROI migliore, non come un approccio a basso budget.

    Sicuramente in assenza di fondi, così come succede per molte startup “bootstrapped”, cioè auto-finanziate, il pensiero laterale alla soluzione dei problemi è proprio quello che ci vuole per sopravvivere. Di fatto non è un caso che il growth hacking sia nato proprio nel contesto Startup della Silicon Valley, dove micro-aziende nascono e muoiono ogni giorno, nel tentativo di spiccare in un panorama tecnologico sovraffollato e in continuo mutamento.

    Però attenzione: lanciare esperimenti di growth hacking settimana dopo settimana, sprint dopo sprint, significa bruciare ore lavoro, budget di advertising, tool, accessi ad API, ecc. ecc. fino anche a costare migliaia di euro per singolo esperimento. Basti pensare che aziende con growth team strutturati ne lanciano decine ogni settimana, e i conti tornano facili 😛

    Perciò sì, si può fare anche con un basso budget, a patto che troviate un growth hacker disposto a lavorare per voi, ma si va inevitabilmente molto più lenti.

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    Cos’è il Bullseye framework e perché è così importante?

    Il Bullseye framework è un sistema per prioritizzare i test sull’acquisizione utenti. Quando si comincia a fare Marketing non si può sapere in anticipo quali siano i canali con il ROI maggiore. Specie se stiamo parlando di aziende tecnologiche (inserite perciò in mercati che evolvono a grande velocità) o se parliamo di startup (ovvero aziende che innovando si fanno carico di un rischio di fallimento d’impresa ancora più grande del solito).

    Per riuscire a capire quale possa essere il Marketing Mix ideale con il minor spreco di risorse possibile, il Bullseye framework propone un processo progressivo e iterativo di sperimentazioneDobbiamo visualizzare i cerchi concentrici di un bersaglio da freccette. Ci sono cerchi più esterni, cerchi intermedi, e infine il centro. “Bullseye” in effetti, corrisponde proprio all’esclamazione americana “centro!”.

    Questa metafora ci aiuta perché quando si struttura una strategia di acquisizione si parte da delle ipotesi, facendo brainstorming su 19 diversi canali possibili dai quali acquisire utenti (il cerchio esterno).

    Dopo di che, si promuovono i più promettenti alla fase di test, e si lanciano i primi esperimenti o campagne. In questo caso non miriamo a fatturare a tutti i costi, ma solo a validare il canale generando metriche (il cerchio intermedio).

    Infine, se le metriche generate sono interessanti, promuoviamo i testi di successo al livello successivo: quello di investimento. I canali che si sono rivelati profittevoli e sostenibili ricevono extra budget e si lavora sulla scalabilità (il centro).

     Growth Hacking
    Credits: Depositphotos #2403866

    Qual è stato il tuo growth hack più riuscito?

    Essendo stato il primo a posizionarmi in Italia su questo tema, ho davvero avuto l’occasione di lavorare con le realtà più diverse, in Italia e all’estero – da Amsterdam a 500startups -, e di sperimentare questo metodo anche sui miei progetti personali.

    Tra i risultati di cui vado più fiero:

    – Aver generato +30k revenue con 2k di investimento per il mio libro – Grazie alla Social Media Automation, aver fatto rientrare un mio cliente sul personal branding nella Top 10 dei Digital Manager più influenti di Francia – Aver guadagnato 1000€ grazie a 60 slide durante uno smoke test – Aver aumentato le aperture delle mail dal 21% al 59% su una lista B2B ottimizzando gli oggetti – Aver abbassato il CAC di una startup sul turismo del 90% semplicemente focalizzando il job-to-be-done del target – Aver chiuso +150k di contratti nei primi 30gg di attività – E molti altri ancora

    La cosa fondamentale da ricordare però è quanto dicevo al punto 1. Questi risultati, così come i casi studio che si leggono su Dropbox, Airbnb, Instagram ecc. sono solo storie da cui prendere ispirazioneOgni business è unico. La vera abilità del Growth Hacker sta nel gestire il team, il processo, e gli strumenti che gli servono a lanciare esperimenti volta per volta, e infine la capacità di scalare i risultati ottenuti. Questo significa che non è detto che queste stesse attività, così come le ho svolte per i miei clienti o per me stesso, siano efficaci se replicate sul tuo business. Ma sicuramente, seguendo il processo con disciplina, arrivare a risultati simili non solo è possibile. È inevitabile 🙂

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