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  • Strumenti, errori e superpoteri di un Social Media Manager secondo Filippo Giotto

    26 Luglio 2017

    Piano editoriale, KPI, haters… sono tante le voci da spuntare nelle to-do-list quotidiane di un Social Media Manager. Filippo Giotto, Social Media Manager di Banca Mediolanum e docente del Corso in Social Media Marketing (Formula Online + Lab in Aula), ci fornisce qualche dritta per impostare una social media strategy efficace. Gli abbiamo fatto qualche domanda per capire, grazie alla sua esperienza decennale nel Digital Marketing, cosa significhi davvero essere un Social Media Manager. Filippo Giotto - Docente Corso Social Media Marketing

    Come descriveresti la giornata tipica di un Social Media Manager?

    Chiariamo subito una cosa: avere in tasca uno smartphone non è sinonimo di lavoro 24/7: la giornata deve avere un inizio e una fine. Il grande errore in cui si rischia di cadere è essere always-on, cosa di cui non c’è assolutamente bisogno se le attività di social media management sono state organizzate a dovere e supportate dalle necessarie tecnologie. Detto ciò, la giornata non può che iniziare con lo spegnimento della sveglia dello smartphone, accensione dati e attesa delle notifiche di ciò che è accaduto durante la notte. A seguire apriamo il feed reader con le notizie che più ci interessano, senza dimenticare di aggiornarci su cosa accade nel nostro Paese e nel mondo. Lato social media management si comincia con il punto della situazione su commenti, mention, repliche e messaggi privati in sospeso, e stato delle escalation interne/esterne ancora in pending. A seconda del giorno può esserci un meeting interno con il team (e, se prevista, con l’agenzia) per condividere il piano della settimana ed eventuali attività collaterali, uno sguardo alle metriche fondamentali e ai nostri KPI, oppure un incontro di comitato editoriale per allinearsi su cosa bolle in pentola che può prevedere un nostro coinvolgimento e fornirci nuovi contenuti. Poi, non necessariamente in netta sequenza, c’è l’attività più operativa per dare vita a quanto previsto dal piano e per tenere fede alla promessa fatta verso i nostri fan e follower: ascolto e riscontro. Parallelamente riceveremo gli alert che ci avvisano ogni volta che qualcuno là fuori parla di noi: è il mondo del listening e della reputation che può portarci dalla semplice verifica dell’avviso fino alla segnalazione interna di un potenziale rischio. La giornata non termina senza un ultimo check sulle properties per le notifiche dell’ultimo minuto, la verifica che il piano del giorno dopo sia in ordine e pronto per essere “scodato”, e un giro di aggiornamento sulle novità delle varie piattaforme social presidiate. In tutto ciò non dimentichiamoci la classica rassegna stampa che ci attende al mattino e l’osservazione dei competitor. E se ancora non basta, anche la verifica e gestione dell’andamento delle campagne di social adv richiede la sua fetta di tempo.
    Social Media Manager
    Credits: Depositphotos #78168838

    Piano editoriale: tre errori da evitare nel planning dei contenuti

    Dando per scontato che la parte di curation avvenga in modo maniacale (quindi non solo divieto assoluto di refusi, errori di battitura o peggio ancora grammaticali), nella costruzione del contenuto che popolerà il nostro piano attenzione massima a: immagini: non si scaricano da google, non si ritagliano da realizzazioni di terzi; le immagini si creano da zero, si comprano o (se si tratta di foto) si scattano. copiare: lasciarsi ispirare dal post super-ingaggiante-ironico-virale del nostro brand preferito va benissimo; plagiarlo no. immobilità: scivolare nella comfort zone del piano editoriale; se troppo ripetitivo e con appuntamenti fissi rischi di perdere originalità e dinamicità, portandoti verso la stagnazione della fanbase. Rinnovati!

    Quali superpoteri e strumenti utilizzi per affrontare i feedback negativi degli utenti e arginare il “fenomeno haters”?

    Non mi stancherò mai di ripeterlo: di fronte a un commento poco simpatico, peggio ancora a un potenziale flame, solo una eccellente preparazione a priori è in grado di farci affrontare serenamente la gestione e restare alla larga da una eventuale crisi. Questa preparazione è rappresentata da regole di ingaggio chiare, processi di escalation puntuali e, per i casi limite, un piano di crisis management. Inutile dire che tali “kit” di pronto intervento non si preparano in cinque minuti, anzi: richiedono un gran lavoro di coinvolgimento di numerosi attori interni (talvolta anche esterni), di accordo, di coordinamento. In realtà non esiste alcun superpotere. Tolta la preparazione di cui sopra, il cuore di tutto è rappresentato dal Social Media Team: persone che ogni giorno si adoperano con passione per far fronte alle decine di commenti e messaggi, con immensa attenzione al dettaglio e una grandissima capacità empatica. E un pizzico di ironia.
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    Credits: Depositphotos #18937211

    Banking e Social Media Marketing: perché le banche si affidano sempre di più ai social per la customer care e la fidelizzazione del cliente?

    Le banche hanno bisogno di mostrare il volto umano che si cela dietro il brand; questo può avvenire solamente attraverso la relazione, e i social media rappresentano (in ambito digitale) il luogo dove questa relazione può svolgersi. Per farlo però occorre tornare a un livello meno “istituzionale” e più vicino alle persone, a partire da linguaggio e codici di comunicazione. Sul fronte del caring, invece, che piaccia o meno è il cliente a decidere quando, come e attraverso quale canale contattare la banca; e dal momento in cui circa 30 milioni di italiani accedono regolarmente a un social network non si può ignorare il fenomeno e la necessità di ascoltare e riscontrare le loro richieste che pervengono su questi canali. Non dimentichiamoci però che in quest’ambito la tipologia di richieste evadibili via social è limitata alle informazioni di carattere generale; tutto ciò che ha a che fare con prodotti e servizi del cliente, per ovvi motivi di riservatezza ma anche per un’imperfetta capacità di identificare realmente la persona, non può essere divulgato attraverso i social, nemmeno tramite messaggio privato.

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    Credits: Depositphotos #40632841

    Per concludere… 3 cose che deve assolutamente sapere un aspirante Social Media Manager

    Prima in assoluto: non puoi fare tutto da solo! Ciò non significa che devi necessariamente avere altre persone a supporto, l’aiuto può arrivare anche da tool e strumenti che svolgono parte del lavoro per te. Parliamo quindi di tecnologie che, in funzione delle esigenze (ma anche del budget a disposizione), ti sollevano da compiti più semplici come l’alerting in caso di interazioni sulle varie properties, la pianificazione dei post, la costruzione del piano editoriale, fino alla moderazione automatica quando sei lontano da un pc o da uno smartphone. In secondo luogo (questo è il mio mantra) non sei uno smanettone. Sei un professionista che non deve necessariamente conoscere tutti i meandri delle varie piattaforme social, piuttosto è importante sapere come mettere a terra concretamente la strategia, definire flussi di lavoro, processi, policy interne per essere pronti a tutto senza andare all’arrembaggio. Infine, sappi che non smetterai mai di studiare e di aggiornarti. È un lavoro quotidiano che ti porta a consumare centinaia di righe di articoli, post, news ufficiali, presentazioni di best practice, ma anche a confrontarti con altri professionisti come te per accrescere le tue conoscenze e contemporaneamente portare valore alla grande community dei Social Media Manager. Attento però a non cascare nel tranello del virtuosismo del SMM: troppo spesso si finisce per innamorarsi delle strategie social di grandi brand cercando poi di riproporle nei contenuti e nella forma sulla propria audience… con il risultato che gli unici in grado di apprezzare il contenuto saranno gli addetti ai lavori, di certo non i tuoi utenti.

    Filippo Giotto è docente del Corso in Social Media Marketing, scopri il programma completo qui!