Lamborghini: 3 anni di digital strategy made in Italy [INTERVISTA]

Roberto Ciacci, Head of Digital Marketing della casa automobilistica di Sant'Agata Bolognese svela i retroscena digital di un'azienda che diventa media di se stessa

Roberto Ciacci Lamborghini

Roberto Ciacci ricopre il ruolo di Global Head of Digital Marketing di Lamborghini. Sul web è presente dal 1995 ed è riuscito a coniugare due passioni: tecnologia e marketing. Un’esperienza in CINECA a Bologna (il più grande centro di calcolo italiano), per poi avvicinarsi a quella che con gli anni sarebbe diventata una leva strategica aziendale: il digital marketing.

Prima di approdare a Sant’Agata Bolognese, Roberto è stato consulente per Granarolo, Alfa Wassermann, Regione Veneto, PA ed enti locali, per associazioni (ASTER, AVIS), e piccole imprese.

Parla di innovazione, tiene corsi nelle principali business school e incontra gente. Nel 2010 compare nella rosa dei tre finalisti dei Linkedin European Business Awards. Una personalità lungimirante, per certi versi rivoluzionaria, da cui c’è molto da imparare. Roberto Ciacci è un uomo concreto, che dopo una stretta di mano passa subito al “tu”, molto più autentico e diretto, come si fa sul web, d’altronde.

I ninja hanno avuto il piacere di intervistarlo e dobbiamo ammettere che dalle risposte, si sentiva che il nostro interlocutore aveva proprio intenzione di condividere una conoscenza aziendale, frutto di esperienza sul campo, studio ed esperimenti, perché possa essere fonte di ispirazione per chi già crede nel digital e per chi invece, ostentando diffidenza, preferisce fare come si è sempre fatto.

Abbiamo sempre più bisogno di innovatori cultural,  che fanno della diffusione della conoscenza, un valore aziendale. Ecco l’intervista a Roberto.

1. Quali sono i digital KPI che un colosso dell’automotive misura per le proprie strategie di marketing?

I KPI dipendono sempre dall’obiettivo di business. Lamborghini è un’azienda che appartiene al gruppo Audi-Volkswagen, opera nel settore delle auto super sportive di lusso e ha l’ambizione di diventare il brand più desiderato del suo segmento. La domanda allora diventa: quali metriche restituiscono il termometro del desiderio? Noi riteniamo che siano principalmente le metriche qualitative come l’engagement e la loyalty. Abbiamo definito questi due KPI sia sulle embassy social che sulle property web. Operazione non banale dato che non esistono metriche standard, ogni piattaforma e ogni tipo di contenuto ha le sue metriche e i nostri due indicatori di performance sono sempre il risultato di una composizione di metriche.

D’altra parte, non siamo insensibili agli aspetti puramente quantitativi. L’audience che si è raccolta attorno ai punti di contatto digitali del brand è sorprendente: abbiamo triplicato in 3 anni i visitatori unici del sito corporate, abbiamo raccolto intorno alla pagina globale Facebook oltre 11 mln di fan, su Twitter siamo vicini al milione di follower, Instagram cresce a ritmi pazzeschi. Puntiamo a diventare il brand numero 1 del segmento anche in valore assoluto.
I dati di competitive analysis (disponibili dal 1/6/2013) ci dicono che siamo il brand che è cresciuto più di tutti su Facebook e Twitter. Di fatto, siamo il brand con il miglior digital footprint del Gruppo Audi-Volkswagen e i numeri due del nostro segmento. Non male in poco più di 3 anni di lavoro!

2. Partiamo da questo scenario: Lamborghini è un marchio complesso, perché interagisce sui social con una pluralità internazionale di pubblici: dai brand ambassador, ai dealer, agli appassionati. Ora, come si pianifica un piano editoriale all’interno di questo ecosistema?

In effetti è complicato. Da un punto di vista strategico seguiamo un approccio di brand journalism, che ci permette di raccontare quello che facciamo in maniera puntuale. In quest’ottica, il piano editoriale è uno stream narrativo che documenta l’evoluzione del brand e ne riafferma i valori e l’identità. La parte difficile è creare il racconto, “unire i puntini”. Ricordo per esempio l’estate del 2012, in cui inventammo la “season of speed”: un’idea editoriale che ci permise di collegare con un unico fil rouge una serie di eventi di brand experience in pista sparsi fra vari continenti e slegati fra loro.

Operiamo in un contesto globale: 50 mercati, tre Regioni principali, varie agenzie marketing & pr coinvolte. La scelta di gestire i profili social dall’interno dell’azienda ha contribuito ad accorciare la filiera e a rendere possibile quello che facciamo, con le risorse che abbiamo a disposizione. Uno degli aspetti più importanti da considerare in tema di piano editoriale è il content design. Il team digital per prima cosa ha identificato i potenziali produttori di contenuto presenti in azienda.

Ogni pezzetto dell’azienda (enti e persone) può avere qualcosa di interessante da raccontare e può offrire una prospettiva diversa sul brand e sul prodotto, purché rilevante e autentico. Abbiamo invitato questi stakeholder a lavorare in forma collaborativa alla costruzione della narrazione di brand, trasformando la complessità organizzativa in opportunità.

Coinvolte le persone, abbiamo lavorato sulle linee guida. Come deve essere prodotto un video se è destinato (anche) al web? Come devono essere fatti gli scatti per il web e per Instagram? Quando devono essere consegnati? Il tempismo è il 50% del lavoro. Il digital marketing team svolge continuamente, non solo in un’azienda come la nostra, un ruolo di evangelizzazione alla cultura digitale. E va fatto a 360 gradi: fornitori, colleghi, manager dell’azienda.

Una buon esempio di content design è la web series con cui abbiamo lanciato la Lamborghini Huracán: è una serie ambientata nella nostro sede, in un contesto reale con personaggi autentici (a parte i tre attori principali, s’intende). Format innovativo (per l’automotive) e concept molto diverso dalle consuete campagne di lancio.

lamborghini digital strategy

3. Digital policy interne: perché sono indispensabili?

Perché si possono verificare situazioni spiacevoli, sia a danno del brand che delle persone. In un’azienda come la nostra, per esempio, i temi della confidenzialità e della segretezza sul prodotto sono centrali. D’altra parte, ogni persona è un media. Ogni dipendente di un’organizzazione può essere un media. Immaginate l’impatto comunicativo di un’organizzazione con migliaia di dipendenti, se potesse far “risuonare” le voci delle persone che la compongono.
Si tratta di un potere di amplificazione affascinante. Ancora poco studiato, mi sembra.

4. Crisis Management: fermare la goccia, prima che si trasformi in nubifragio. Come?

Tema molto caldo. Noi siamo partiti dalla mappatura dei rischi. Quali sono i fronti potenziali da cui potrebbe scaturire una crisi? Ogni azienda, ogni mercato, ogni prodotto ha i suoi punti deboli.

Noi abbiamo individuato i nostri e li teniamo monitorati. Poi abbiamo cercato di capire se, a fronte delle situazioni di rischio, esistessero già dei processi di gestione. In alcuni casi abbiamo trovato una buona base su cui innestare una social media crisis policy. In altri casi abbiamo dovuto definire il processo da zero. Infine servono gli strumenti. Fra questi posso citare un buon sistema di social media intelligence, una policy di moderazione, linee guida, training ad hoc e strumenti di comunicazione aziendale rapidi, immediati. Esistono anche dei tool di simulazione delle crisi: testare l’ecosistema con uno stress test non è mai una cattiva idea.

goccia d'acqua

5. Noi siamo fan di Frank Underwood e tu? Quali lezioni di strategia possiamo trarre dalla sua scalata al potere?

House of Cards ha spodestato Mad Men dal prime time di Casa Ciacci. Il quote, che trovo più azzeccato e che campeggia anche sullo sfondo del mio Mac, è “Run the Marathon. Not the sprint.” Riassume molto bene l’approccio strategico che abbiamo seguito in Lamborghini. Abbiamo lavorato pazientemente di puro content marketing per oltre 3 anni, facendo crescere organicamente e senza investimenti pubblicitari le nostre embassy social. C’è stata una primissima fase, a partire dall’estate 2011, in cui ci siamo dedicati al recupero (“Retrieval”) dei profili sociali. I profili “lamborghini”, in assenza di una presenza ufficiale del brand, erano stati “squattati” praticamente ovunque.

Ci sono voluti quasi 12 mesi, ma abbiamo potuto recuperarli tutti, studiando minuziosamente i termini di servizio delle varie piattaforme e sfruttando il grande lavoro di tutela del trademark a livello internazionale, portato avanti del nostro ufficio legale. Oggi “lamborghini” è il nostro username, senza possibilità di confusione, da Facebook a Vine.

Dopo il recupero c’è stata la fase del “Trust”, in cui abbiamo lavorato per costruire la credibilità social del brand. È impensabile costruire un rapporto di fiducia con la fan base se non riesci a dimostrare che dietro il nome del tuo brand ci sei veramente tu.
Qundi c’è stata la fase della crescita, in cui abbiamo sviluppato la nostra strategia di brand journalism puntando a raccogliere fan e follower attorno alle nostre embassy social, valutando la reach e l’engagement di ogni ambito di attività.
Oggi siamo nella fase della governance e della brand protection. Più i profili sono importanti e “pesanti” in termini di audience, più è importante avere strumenti idonei per gestirli (pensate soltanto ai volumi dei commenti, centinaia o migliaia per ogni post) e workflow aggiornati.

6. Si è da poco concluso l’Automotive Digital Marketing Congress. Quali sono le novità?

Tanti casi di studio, fra cui quello di Lamborghini. Sono stato invitato a presentare il caso del lancio della Lamborghini Huracán. Penso che rappresenti uno dei pochi esempi di lancio di prodotto automotive senza il supporto dei paid media. Il lancio è avvenuto dapprima online e poi offline e ha coinvolto tutti gli owned media del brand.

È stato caratterizzato da un unveil progressivo del prodotto, che ha inizialmente seguito una logica “share to unlock: the more you share, the more you discover”: i contenuti di prodotto venivano sbloccati dai fan solo condividendo su Facebook, Twitter, Weibo e Youku. I numeri generati sono stati molto buoni.
Fra gli altri brand presenti, mi ha molto colpito la campagna #withDad di Nissan. Si è parlato anche di sentiment analysis delle immagini, con un’attenzione particolare a Instagram, e di programmatic media buying. La tecnologia sta cambiando radicalmente il mercato dell’advertising.
Di nuovo. Non si smette mai di studiare! :)

Grazie Roberto!

Se vuoi saperne di più, twitta con lui @robertociacci



Scritto da

Emanuela Goldoni

Nasce nel cuore dell'Emilia, a Mirandola, per intenderci, la città del filosofo Pico della Mirandola. Per metà è partenopea, ma di mediterraneo ha preso solo il senso ... continua

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